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giovedì 26 marzo 2015

PASCA MANNA

La Settimana Santa in Sardegna

tra atmosfere suggestive e mistiche


Pasqua è il periodo ideale per visitare la Sardegna: la natura è in pieno splendore, ci si può già godere i primi caldi al mare e si può assistere agli affascinanti riti della Settimana Santa. Nella Sardegna tradizionale la festa della Pasqua supera per importanza e solennità lo stesso Natale. La Pasqua in sardo è chiamata Pasca Manna, cioè Pasqua Grande, per distinguerla dalla Paschixèdda (Pasqua Piccola), che sarebbe il Natale. La Settimana Santa in Sardegna è un’esperienza unica ed emozionante. Tradizioni molto antiche e forti influenze spagnole sono alla base di riti, processioni e momenti corali particolarmente sentiti, che richiamano fedeli e turisti in varie parti dell’isola. Antichissime usanze autoctone, gelosamente custodite dalle tante confraternite in tutti i centri isolani, si mischiano con secolari tradizioni di origine spagnola per dar vita a riti, processioni e momenti corali di grande forza espressiva e suggestione.
Risaltano soprattutto le processioni dei Misteri, i toccanti riti della deposizione dalla croce (Su Scravamentu) e l’incontro tra la statua di Gesù e della Madonna (S’Incontru) per le vie dei paesi. Un ruolo di particolare importanza lo svolgono le Confraternite che curano le sacre rappresentazioni e sfilano nei loro suggestivi costumi: tutti i riti della Settimana Santa sono accompagnati dai Goccius (o Gosos), antichissimi canti legati ai cicli dell’attività contadina che si tramandano di generazione in generazione.
Nei riti della Settimana Santa sono presenti anche evidenti elementi di origine precristiana. Fra questi, l’usanza dell’esposizione, quale unico addobbo delle chiese, di Su nènneri  (germogli di grano, dal colore giallo verdino). La preparazione di questi ornamenti è molto particolare e rituale: il mercoledì delle ceneri vengono infatti sistemati dei chicchi di grano in un piatto con ovatta inumidita. Il piatto viene poi conservato al buio per tutta la Quaresima; i chicchi germogliati compongono un fitto fogliame color giallo oro.

La Settimana Santa ad Iglesias

In tutta la Sardegna durante la Settimana Santa si svolgono solenni processioni e riti della Passione, ma le celebrazioni più suggestive sono sicuramente quelle di Iglesias. In questa  città medioevale, dalla fine del Seicento, i rituali Pasquali rievocano suggestive e coinvolgenti atmosfere legate alla cultura e alla tradizione spagnola, attraverso un potente rito collettivo denso di religiosità, misticismo e tradizione che incuriosisce per gli evidenti riferimenti iberici e affascina per la spiritualità devota della popolazione. La teatralità della manifestazione risente fortemente dell’influsso culturale spagnolo, con il lutto e la commozione esibiti con grande drammatizzazione.
Dalla Domenica delle Palme, lglesias entra in un clima particolare; la Settimana Santa si "sente" nelle strade e nei vicoli della Città vecchia, c'è attesa per i suoi riti, c'è un sentimento collettivo di pietà e mestizia per la Passione di Gesù che dopo duemila anni suscita commozione come se si ripetesse per davvero.
La settimana santa di Iglesias è organizzata dalla Arciconfraternita del Santo Monte che vanta cinque secoli di vita, di operoso lavoro nel campo religioso e del sociale.  Il Santo Monte ha vita regolata da antichissime costituzioni e consuetudini che nel corso dei secoli sono mutate con poche e non sostanziali modifiche. Il corpo dei Confratelli (o Germani come si appellano adattando lo spagnolo Hermanos) era un tempo formato particolarmente dalla classe nobiliare: l’abito dei Germani, bianco, inamidato e guarnito di fiocchi neri, è di chiara influenza spagnola; esso verrà indossato al momento della professione con un rituale elaborato che si tramanda senza modifiche. Sfilano in processione in rigoroso ordine di anzianità, con il cappuccio abbassato (Sa Visiera). Tutti i riti della settimana santa vengono accompagnati da matràccas: particolari strumenti in legno, che producono un suono inconfondibile.

immagine tratta dal blog  https://xtefen.wordpress.com/

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA A IGLESIAS

MARTEDÌ  SANTO - LA PROCESSIONE DEI MISTERI 

Ad Iglesias per le vie cittadine vengono trasportati sette simulacri che rappresentano la passione di Cristo. Il primo a sfilare è la portantina che simboleggia l’orto in cui Gesù fu catturato. Seguono le raffigurazioni di Gesù imprigionato, flagellato e coronato di spine, in cammino verso il Calvario col crocefisso; conclude la Madonna Addolorata col cuore trafitto da tre spade.

MERCOLEDÌ SANTO

In diversi centri è il giorno della vestizione a lutto. Ad Iglesias: benedizione col “Lignum Crucis”, benedizione e distribuzione dell’ulivo e dei fiori.

GIOVEDÌ SANTO – L’ADORAZIONE DEI SEPOLCRI 

Le chiese sarde sono allestite a lutto e si legano le campane; ad Iglesias il giovedì si svolge la processione dell’Addolorata: il simulacro della Madonna, nella ricerca simbolica del Figlio, viene fatto entrare in sette chiese cittadine in cui è allestito il Santo Sepolcro. La sera del Giovedì Santo, Iglesias si riempie di Baballottis (dal sardo campidanese baballotti, “animaletti”), persone che indossando una veste bianca e con il capo coperto da un cappuccio con due fori per gli occhi (sa visiera), accompagnano il simulacro della Madonna Addolorata che cerca Gesù nelle chiese della città. Si spostano al suono dei tamburi e delle matraccas, antichi strumenti costituiti da ruote dentate su un supporto di legno che, fatti roteare, creano frastuono. Accompagneranno, infine, la suggestiva processione del Venerdì.

VENERDÌ SANTO -  LA DEPOSIZIONE (in Sardo: s’Iscravamentu; Desclavament in catalano)

Quello della deposizione è uno dei momenti più emozionanti della Settimana Santa sarda. Ad Iglesias alle nove del mattino la Processione del Monte ed infine, alle 20, la Processione del Descenso, con il S. Giovanni, la Maddalena e “Is Varonis”: è la manifestazione più attesa e suggestiva di tutta la Settimana Santa, che rappresenta il funerale di Gesù.


SABATO SANTO 

E’ il giorno dedicato all'adorazione dei Sepolcri e della Santa Croce

DOMENICA DI PASQUA

È la più grande festa dell’anno. Al canto del “Gloria”, nella notte, mentre le campane riprendono il loro concerto di festa, entra nelle Chiese Gesù Risorto. Quindi la domenica mattina due processioni con due itinerari diversi: una con la Madonna, l’altra con Gesù Risorto. Due processioni che si uniscono nel luogo dell’Incontro gremito di popolo: tre inchini da tre distanze sempre più ravvicinate. Quindi un’unica processione fino al rientro in Chiesa per il solenne pontificale.
S’Incontru si svolge anche in altri paesi della Sardegna, compreso Sant’Antioco dove l’evento è decisamente suggestivo.
Tanti riti tradizionali e suggestioni della festa più grande ed importante dell’anno, la Pasqua di Resurrezione, Sa Pasca Manna!

video di Jacopo Tofani
vedi il video completo su  https://www.youtube.com/watch?t=462&v=VaYTE6NNEWs 

mercoledì 18 marzo 2015

IV CENTENARIO del ritrovamento del corpo di S.Antioco Martire

Oggi, 18 Marzo 2015, ricorre il quattrocentesimo anniversario del ritrovamento delle spoglie mortali di Sant’Antioco Sulcitano, Patrono della Sardegna e protomartire della cristianità.


E' il Giubileo di Sant'Antioco che avrebbe potuto essere il Giubileo della Sardegna intera; un evento, prima di tutto religioso, storico, unico ed irripetibile. Non esistono molte realtà in Italia che possono vantare un primato così straordinario; un culto, invero molto più antico, praticato senza soluzione di continuità in molti centri della Sardegna, non solo a Sant’Antioco, ma che soltanto a Sant’Antioco pare abbia avuto la sua genesi.
Proviamo a raccontarla.
Nei primi anni del 1500 la polemica tra gli arcivescovi di Sassari e Cagliari per il primato sulla Chiesa sarda assunse un'asprezza di toni tale da avere ripercussioni anche sul piano politico.
Sin dal 1409 i presuli di Cagliari si erano attribuiti il privilegio di "primate di Sardegna e Corsica", fatto cui da subito si opposero, senza però ottenere risultati concreti, i prelati sassaresi.
Da allora in poi nella contesa intervennero diversi attori, in un gioco di trame, sotterfugi e ricorsi a cavilli giuridici. Oltre al sovrano Filippo III infatti, che con il tramite del viceré si schierava a favore dell'arcivescovo cagliaritano, prese parte alla controversia il primate di Pisa, timoroso di vedere disconosciuti i diritti della sua sede.
La disputa continuò ancora più violenta nel 1613 con la nomina ad arcivescovo di Sassari di Gavino Manca Cedrelles, già vescovo di Alghero e legato da parentela alle famiglie più influenti della nobiltà catalana.
Una soluzione al problema sembrò venire dall' "invenzione" (ritrovamento) dei corpi dei martiri, la cui quantità e rinomanza avrebbero legittimato la supremazia di una delle due diocesi. Ciò era in linea con il programma controriformistico che nel rinvenimento delle reliquie dei primi testimoni della fede vedeva riconosciuto il ruolo di Roma come fulcro del cristianesimo e custode delle sue memorie.
Partì quindi, sia nel Cagliaritano che nel Sassarese una frenetica campagna di scavi alla ricerca dei corpi dei martiri, in Sardegna.
Giungiamo così al 18 marzo dell’anno 1615, giorno dell’invenzione, a Sulci (antico nome di Sant’Antioco),  delle reliquie del Martire Antioco, al quale l’isola era ed è dedicata, avendone assunto il nome.
Il ritrovamento è descritto con ampiezza di particolari, nella relazione dell’Arcivescovo di Cagliari Desquivel   al papa Paolo V, che è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano, ed  al re di Spagna, Filippo III. La relazione è riportata, insieme con la storia dei successivi sviluppi, da Roberto Lai nel sito del Comune di Sant’Antioco (http://www.comune.santantioco.ca.it/cms/il-santo/il-rinvenimento-delle-reliquie.html) è qui la riprendiamo, per raccontare una storia di 400 anni esatti ad oggi, particolarmente importante per la storia del Santo e dell’isola di Sant’Antioco.


Il 18 marzo del 1615, la delegazione inviata a Sulci per la ricerca del corpo del Santo, dopo aver digiunato per un giorno a pane ed acqua, entrò nella chiesa a piedi nudi, pregando fervorosamente Dio che concedesse questo dono, mettendo come intercessore il Santo stesso. Finita la preghiera entrarono nella catacomba dove il Santo morì e andarono verso il luogo dove da sempre si diceva fosse la tomba del Santo. All'entrata della stessa catacomba, che era a forma di cappella con sei colonne, trovarono un sarcofago di marmo posto sopra un altare molto antico; qui venne rinvenuta una lapide (che gli studiosi fanno risalire ad almeno un secolo prima) che parla di restauri fatti eseguire dal Vescovo Pietro in un’Aula già esistente, abbellendola con marmi (+AVLA MICAT VBI CORPUS SCI ANTHIOCI QVIEBIT IN GLORIA…). La lapide era posta sopra l’altare, fissata alla parete con ganci di ferro, consumati dal tempo. 

Letta la lapide crebbero le speranze. Smontarono l’altare, ruppero un impasto molto forte, che ricopriva un vano costruito in calce e pietre ben lavorate e con le pareti dipinte; dentro stava il corpo del Glorioso martire, composto in modo che la testa corrispondeva al punto della lapide in cui erano scritte per esteso le parole: BEATI SANCTI ANTHIOCI.
La vista delle reliquie riempì tutti di ammirazione e di devozione. Fu subito manda un corriere per informare il Vescovo. L’Arcivescovo Desquivel, dopo il rinvenimento della lapide e delle reliquie del Santo Antioco mostrò al popolo il teschio del Santo e con esso lo benedisse. Poi suggellò la cassa con quattro chiavi, “y estas entregò a los Capitulares de la Cathedral de Iglesias con condicion que si en algun tiempo se bolviesse a poblar la Isla de S. Antiogo, se las hayan de restituir, siendo aquel su proprio lugar”.( e la consegnò al Capitolo della Cattedrale di Iglesias, con la condizione che, se in qualsiasi tempo si fosse ripopolata l’isola di S.Antiogo -  che in quegli anni era praticamente spopolata - dovessero restituirla all’isola, essendo questo il naturale luogo di conservazione delle relique). 
Del ritrovamento del Sacro Corpo il Desquivel ebbe subito l’accortezza di incaricare alcuni notai che raccogliessero sotto giuramento le deposizioni delle varie persone che furono testimoni dell’accaduto. Inoltre ne fece una relazione ben particolareggiata al papa Paolo V, che è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano, ed una al re di Spagna, Filippo III, a cui offriva anche in un reliquiario d’argento un Osso della gamba del Santo.



Cattedrale di Cagliari, Cappella Centrale. 
Si possono leggere in due lapidi le risposte di plauso, date dal Papa Paolo V  nel 1618 e dal re di Spagna Filippo III nel 1619, alla comunicazione di mons. De Esquivel sul ritrovamento delle reliquie dei Martiri. 
Questa relazione si trova ancora nella “Biblioteca Nacional de Madrid”, conservata tra i manoscritti al n. 8664. È opportuno intanto notare come lo stesso Desquivel, 6 anni dopo, portasse una correzione al suo impegno per la cessione delle Reliquie. Con atto del febbraio 1621 – in considerazione delle spese sostenute dal Capitolo e dal Comune di Iglesias per gli scavi e la causa contro Sassari – donava “in perpetuo” le Reliquie alla Città. Comunque esse rimasero ad Iglesias per oltre 200 anni. “Pò sa festa manna” di dopo Pasqua, tutti gli anni, seguendo la statua del Santo, esse venivano portate processionalmente nell’Isola, ma terminate le celebrazioni facevano ritorno in Città. La popolazione risorgendo e crescendo si sentì però in qualche modo quasi orfana, senza la continua presenza delle spoglie del suo Martire, del suo “Padre nella fede”.
Quell’antica chiesa monumentale, che oggi finalmente possiamo ammirare nel rigore della sua fattura originaria, integrata dalla catacomba testimone della fede dei primi nostri cristiani, era vuota senza quel Corpo Santo, che per secoli aveva lì riposato richiamando tanti fedeli. Che quelle Spoglie ci venissero una volta all’anno, e solo per qualche giorno, non era sufficiente, non era naturale; il Santo doveva ritornare.
…E vi sono ritornate!… ma questa è una storia che racconteremo un’altra volta!